La Best Woman di Fiumicino Chi scrive della corsa deve essere meno cerebrale possibile e più impressionista e impressionabile. Aperto, recita senza enfasi il cartello del ristorante marinaro sul vialone della partenza. Non c’è pubblicità di nessun tipo ne a vista ne occulta, li si mangia e basta. E li vicino si parte e basta per la gara di 10 km, la Best Woman. Duemilacento, forse troppi per un posto anonimo come Fiumicino, i partenti, cinquecento, solo le donne. Un vagone di gente che scorre sull’asfalto in una giornata fredda e assolata, senza brezza. Al terzo km l’incanto emotivo… mi passa una coppia ben assortita…lui ingessato dallo sforzo e dal freddo, con i capelli bianchi appiccicati in testa. Lei minuta e carina come una bambola di pezza celeste. Li unisce un affetto palpabile tanto che sembrano correre l’uno dentro l’altra. Li unisce pure uno spago, corto, legato al polso, molto evidente. Uno dei due è cieco, probabilmente lei, ma faccio finta di ignorarlo. Nonostante il ritmo furibondo provo a seguirli qualche metro per capire bene chi dei due con sicurezza. Non mi riesce di capirlo. Mi viene in mente un racconto di Carver, la Cattedrale, che inizia così...c’era questo cieco, un vecchio amico di mia moglie, che doveva arrivare per passare la notte da noi. Carver non ti passa il finale, ne lui ne noi sappiamo cosa sta succedendo e come andrà a finire. Carver ti passa l’emozione che ti da quel cieco curioso ed entusiasta come un bambino di toccare il profilo di una cattedrale disegnata sulla busta di carta delle cipolle. Quel cieco che impone all’altro di chiudere gli occhi per vedere insieme L’inganno dei ciechi è proprio questo, vedono più di noi, prima di noi. A Fiumicino quella coppia che corre spedita sfondando il muro dei corridori lenti fa parte del mio racconto, ma non so quando arriverà e dove arriverà. Nessuno me lo dice. Me lo suggerisce il percorso sottovoce, dopo un tratto di lungomare con onde lunghe e impetuose. L’arrivo è dentro il campo Cetorelli, un trionfo di sintetico verde menta, pista e campo di calcio, tutte cose da non annaffiare e da dimenticare.. Rimane un piccolo dolore per quei due dei quali ho perso le tracce. Vorrei chiedere, informarmi. Ma non so a chi chiedere, da chi informarmi. Giro come uno zombie sul campo di plastica, bottiglietta di minerale in mano, un pezzo di crostata all’albicocca e la faccia di chi non si fa gli affari propri. Guardo a destra, guardo a sinistra osservando i polsi della gente e dimenticando la stanchezza della gara. Lo spago non lo trovo ne il segno dello spago. Si sarà sciolta quella coppia. Si sarà disintegrata. Volevano prendermi in giro, nessuno dei due era cieco. Proprio così. E se era cieco ci vedeva. E se era cieco non me ne importa proprio nulla, affari suoi. E che a tutto devo pensare io? Ne ho già troppi di guai per potermi commuovere per un cieco. Mi commuovo lo stesso e salgo in macchina, ma ho la sensazione di stare dentro a niente, come Carver..