Primo Novembre, la Corsa dei Santi ( personaggi in cerca d’autore) Venti minuti di non traffico cittadino e siamo nei pressi della partenza a Castel Sant’Angelo. Il presidente sta appoggiato al Tevere con 25 pettorali in mano, venticinque magliette della Nike, 25 bottigliette d’acqua minerale,75 spillette da balia e la sua faccia da sciamano sponsorizzato. Ci scaldiamo il cuore con un percorso circolare in piazza San Pietro, un anello unico, fatto di turisti, di spazio e della sacralità della Basilica. Ore 10 e 10, il sindaco Alemanno e il suo vice danno il via da piazza Pio XII. Lo speaker ricorda lo scopo umanitario della Corsa dei Santi, portare aiuto alle missioni salesiane in Congo in particolar modo a quelle che aiutano i ragazzi di strada, quelli senza nessuno , addirittura senza loro stessi. La mia brutta reputazione mi precede già alla partenza e ben presto vengo lasciato solo non per cattiveria agonistica ma per poca fede nella mia possibilità di tenere un ritmo adeguato agli altri. Via della Conciliazione è una balestra medievale, lancia i migliori a velocità pazzesca. Corso Vittorio sembra terra di nessuno, pochi applausi, spettatori zero e il blog della fatica già stampato in faccia. La mia testa ha il suono metallico di un secchio per le pulizie, sto già per stramazzare. Provo a pensare a qualcosa di strano per superare la crisi e mi viene in mente lo strano. E’ Infinite Jest un libro che ho letto il giorno prima, che non saprei raccontare. Dopo pochi chilometri la salita di San Giovanni in Laterano,stretta e lunga favorisce i ricongiungimenti. Non mi ricongiungo. Fernando, un macigno d’uomo, mi rimane accanto fino alla Basilica per amicizia e per pietà. All’inizio di via Merulana fa capolino dall’edicola il capoccione scompigliato di Antonio ovviamente edicolante, mi allunga un caffè da viaggio triplo (così si chiama il caffè nel bicchierino di carta) e il suo sorriso. E io viaggio comodo per tutta la discesa, senza allungare le gambe sul sedile, ne togliermi le scarpe. Ad ogni discesa, qui come nella vita, corrisponde una risalita e Santa Maria Maggiore sta in alto come un rifugio dolomitico. Le costruzioni in alto, mi danno l’idea dell’aiutino spontaneo, se non hai i soldi per pagare il mutuo fai presto a buttarti di sotto, nel burrone. Ci buttiamo giù per via Cavour, senza mutuo da pagare, spaccando in due frotte di turisti sorpresi e sorprendenti nel loro intontimento motorio. Scanso una cicciona americana, due giapponesi, una donna di colore con i capelli a gazzosa, quattro ragazzi dark, un vecchio in bicicletta con i freni a bacchetta. Manca poco all’arrivo, una retta, una salitina, un ponte, una curva a sinistra,l’abbraccio del Papa. Fernando sta ancora li con me, deve essersi scimunito. Al gruppo si aggiunge Agnese, un’amica occasionale, magra e in calzamaglia nera. Sul ponte ci sorprende Franco il coiffeur (se lo chiamo barbiere se la prende) gentile e garbato pure sotto sforzo. La volata a quattro è una delle meno belle e delle meno raccontabili della gara. Fernando esplode sulla retta di via della Conciliazione, e batte tutti. Agnese vedendomi in difficoltà sorride a ripetizione facendomi sentire un idiota, un idiota stanco. Franco il barbiere(ora lo chiamo così) , 100 metri alla Bolt con una mezza zoppia alla gamba destra. Lo raggiungo, con lo stato d’allarme di chi è in pericolo di vita, lo passo in piena tachicardia. Reagisce, mi batte sul traguardo. Perdo due volte, dal barbiere e dal coiffeur. Mascherando l’affanno cerco i miei ex amici, non li trovo. Provo a chiamarli con una voce roca da pubertà e la testa piena di cose da raccontare. Inciampo a un gradino di marmo. E’ tutto bianco li, pure il cielo e io ci vedo poco. Il marmo bianco come il marmo. Il cielo bianco come il cielo. La Basilica, bianca come Dio. Un bianco che fa stare bene, dentro, dopo l’arrivo. Non capisco come e perchè mi scendono le lacrime, sembrano sudore, nessuno se ne accorgerà.