La Gara E' sempre colpa delle donne se tutto non va per il verso giusto durante la gara. Si è mangiato troppo, si è dormito poco,si è fatto l'amore, si è arrivati tardi la mattina, non si trova il numero di gara, non si trovano le spillette, le vitamine,l'olio canforato, non si trova parcheggio, non si trova la partenza, non si trova un cavolo di niente. Ma è solo l'emozione della competizione che da questi rimandi, questi rimbalzi emotivi. Poi si incontrano gli amici e si capisce che altri hanno la nostra stessa sorte, lo stesso sudore freddo di paura sulla fronte e ci si rasserena o almeno si fa finta di essere tranquilli. Si imita qualche allungo, un po di stretching, un goccio di te, un goccio d'acqua, un goccio di succo di mela, un goccio di caffè, un goccio di tutto per affrontare il deserto della competizione ma soprattutto per non essere soli senza risorse. Essere soli in gara senza le nostre certezze alla prima crisi ci farebbe piombare nel pozzo dell'incapacità di reagire. Ci si sente come la prima volta che si va a puttane, felici di fare sesso ma soprattutto di rubare uno sguardo e una briciola d'amore e affiora l'ingenuità di quei tempi adolescenziali e si cercano gli occhi degli avversari non per studiarne le mosse ma per avere un briciolo di affetto. Non siate impietosi sembriamo dire, non accellerate subito, facciamo la gara tutti insieme, vi prego siamo tutti amici, cosa dobbiamo dimostrare? E la partenza somiglia a una corsia d'ospedale, si tirano fuori dolori e acciacchi da tempo dimenticati, si zoppica come il dottor House, si tossisce a ripetizione, si scatarrano catarri immaginari. Si sussurra all'amico del cuore, coperti da occhiaie finte dipinte, di averne fatte strane stanotte...come se avessimo dormito con una pornostar. Si racconta di aver bevuto mezza bottiglia di vodka come a un raduno rawe, noi che beviamo limoncello della nonna solo a Natale. Qualcuno per esorcizzare gli avversari si accende una Marlboro rossa come per dire io fumo quindi se arrivo dopo non è colpa mia ma del mio vizio.. Qualche altro si fascia le ginocchia, qualche altro ancora parte con mezza tuta e una bottiglia di minerale in mano per tirarsi fuori dalla lotta. Poi al colpo di pistola tutto si capovolge come in un quadro di Baselitz, l'artista tedesco che mette a testa in giù i suoi personaggi. E gli amici diventano nemici, passano tutti gli acciacchi e i vecchi compagni d'allenamento si trasformano in odiosa gente da triturare, da incaprettare nel nostro ritmo vorticoso. Il sudore scorre torrenziale, gli occhi sono sbarrati dallo sforzo e dalla concentrazione, muscoli e nervi tesi come tondini di ferro.Stesso stato d’allarme di quando si è in pericolo di vita, stessa fibrillazione. Prima curva, gomiti larghi per mandare in terra qualcuno. Seconda curva, quelli rimasti vicino sbattuti verso il muro dalla nostra forza centrifuga . Terza curva ,quelli che non abbiamo sminuzzati nel frullatore della nostra foga li affronteremo lancia in resta in dirittura dove il ritmo si farà incalzante. La gara diventa la battaglia di una guerra che chi corre combatte tutta la vita, la guerra della prestazione. E non c'è ansia che tenga, bisogna sempre dare il massimo per battere gli avversari chiunque essi siano. Una volta ingaggiai una lotta furibonda negli ultimi tre kilometri di una banale, stupidissima gara di quartiere con un ragazzone velocissimo ma che correva senza un braccio, perso ,per quanto ne so, in un incidente stradale. A me importava solo batterlo per ambire al premio finale di categoria, ero un killer disperato di gloria che non scendeva a compromessi. Gloria minimale, nessuno si sarebbe mai accorto del mio successo e delle due bottiglie di vino che sanno di tappo che avrei portato a casa (i premi spesso sono avanzi di magazzino) ma ci tenevo Per la cronaca non riuscii a batterlo ne a dargli la mano dopo il traguardo, per ovvi motivi. Due cose che minarono per un attimo il mio equilibrio. Mi sentivo un elicottero volteggiare nella testa per lo sforzo, per la delusione, per la vergogna di essermi approfittato.Se avessi vinto quel duello sarebbe stato anche peggio e per averlo perso, poi, a mente fredda, ringraziai Dio. Per fortuna finita la gara il quadro capovolto era tornato dritto e io di nuovo avevo tutti amici, tanti amici, e la bocca mi si squarciava in un sorriso beffardo con me stesso.... come per dire tanto odio per nulla, brutto coglione, per due bottiglie di vino che sanno di tappo e che non hai nemmeno vinto .