La mangana sportiva Essere sportivi a tutto tondo puo considerarsi un ‘ ipotesi romantica di vita, una distrazione continua dai problemi esistenziali. Proviamo ad analizzare, sfiorando il problema se problema è, un aspetto divertente del mondo dello sport che a volte sembra incompatibile con il buonsenso ma che senza dubbio esiste. L’etimologia della parola ‘mangana’ è sconosciuta, se proprio facciamo una ricerca approfondita per risalire all’origine di questa parola troviamo mangano= macchina militare usata negli assedi per lanciare pietre, macchina da getto costituita da una grande fionda meccanica per lanciare grossi sassi o recipienti contenenti materia infiammabile. Per quel che ricordo io la ‘mangana’ era l’astuto modo di rubare terreno agli avversari quando si giocava con le biglie colorate e ci si avvicinava, senza farsi notare troppo, alla pallina da colpire esercitando come un piccolo salto con la mano che tirava. A quella età l’unità di misura era il palmo della mano allungato, la distanza tra il pollice e il mignolo, ovviamente chi aveva la mano più grande era avvantaggiato perché ogni misurazione era strettamente personale e valeva per il gioco delle figurine dei calciatori, delle lattine, delle biglie colorate. Anche li si faceva la ‘mangana’ allungando all’impossibile il palmo e rubando qualche centimetro per vincere, tanto ancora non si sapeva quanto tempo avremmo passato sulla faccia della terra e qualsiasi punizione divina sarebbe stata decisamente inopportuna e prematura vista la giovane età. Nei tempi moderni quei giochi non esistono più neppure nel terzo mondo, forse perché non hanno i coperchietti delle bibite, ne le bibite, ne le palline colorate, ne giocatori fotogenici, ne Panini che li metta in vendita dal giornalaio. Per uno strano gioco del destino tutto si ripete in altre circostanze, in campi altrettanto competitivi come la corsa. Se alla fine di una gara chiedete il tempo a un concorrente, lui, tutto trafelato, sudato, troverà energie residue per dirvi con voce impostata il tempo che ha impiegato nella competizione, senza tradire la benché minima emozione come un bugiardo incallito limerà quel tempo di almeno due minuti, questa è ‘la mangana’ sportiva. Quasi nessuno resiste a non farla e non si capisce se è retaggio di ricordi infantili o se proprio quei due minuti da rubare sono inseriti nel Dna di tutti quelli che corrono. Non sfuggono alla tentazione di migliorare il successo sportivi marginali come cacciatori, pescatori, cercatori di funghi, di tartufi, tutti quelli che amano raccontare e il racconto non li soddisfa se non c’è dentro uno spicchio di ‘mangana’ ovvero del risultato amplificato. Capita nella corsa che i tempi siano super controllati dal chip alla caviglia e che si arrivi spalla a spalla con avversari conosciuti e non potendo lavorare sulla lima del tempo impiegato accade, per una kafkiana metamorfosi, che il percorso si allunghi… e si dirà, consapevoli di mentire, di una gara di 10000 metri….asciugandosi il sudore ….secondo me era 300 metri più lunga, l’ho sentito nelle gambe. La creatività dello sportivo supera quella di un artista, supera ogni immaginazione, creativi nel mentire risultati, creativi nel mentire tempi, creativi pure nelle classifiche, creativi nel descrivere premi mai vinti, creativi nel mostrare un clone di se stessi più forte, più veloce perfino più bello e atletico. Ovviamente a loro va tutta la nostra simpatia, senza le loro bugie questo mondo sportivo sarebbe noiosissimo e preda solo di stakanovisti dell’allenamento e mai del risultato, algidi e rocciosi quanto la loro antipatia terrestre. Chi fa la mangana è personaggio onirico, uno che vola alto con immaginazione e sogna di essere quello che dipinge: cioè migliore… e chi di noi non vorrebbe migliorarsi? I Bar dello Sport somigliano sempre più a Caffè degli Artisti dove si improvvisano racconti incredibili su avventure e disavventure sportive, dove da veri impressionisti della bugia si da tratto, colore e luce a quadri mai avvenuti, frutto di improvvisazioni geniali., dove si scrivono e descrivono racconti con un linguaggio essenziale ed asciutto da far impallidire Hemingway. Tutto incorniciato da quella mezza zoppia, da quella andatura claudicante da veterani del Vietnam che girato l’angolo o saliti in macchina sparirà. Ogni quadro d’autore per essere valorizzato ha bisogno di una bella cornice dorata o smaltata, il racconto se si zoppica un pochino diventa molto più credibile, più vero della verità. Per tornare allo sport vero fatto nelle piste di atletica, non in quel sottoscala dell’umanità che è l’ingegno dell’amatore disonesto, qualche anno fa un certo Edwin Moses fece la mangana agli avversari ma in maniera onestissima, riuscì a coprire la distanza tra un ostacolo e l’altro nei 400 metri in tredici passi mentre gli avversari ne facevano 14 di passi. Sembra un’inezia ma grazie a quel passo in meno e ovviamente al compasso della falcata più lungo conquistò quattro records del mondo e vinse due ori alle olimpiadi. Tutto frutto del suo grande talento e forse anche delle sue due lauree in fisica ed ingegneria che contribuirono alla dinamica di quel nuovo modo di affrontare quella specialità. La mangana la fece anche un altro grande campione del salto con l’asta, un certo Sergej Bubka che grazie alle sua forza fisica e alle sue doti di velocità cominciò ad usare aste più lunghe e rigide che gli consentirono di frantumare il record del mondo per ben 35 volte. La mangana il grande Bubka la faceva anche in questo , batteva il record di un centimetro senza sfoderare tutto il suo potenziale e garantendosi ogni volta il premio bonus in moneta per il record che gli organizzatori pur di aver in gara un mito come lui gli accordavano. Nel 1987 ai Mondiali di Atletica a Roma ci fu una ‘ mangana’ formidabile da parte di un giudice per far vincere una medaglia nella gara del salto in lungo ad Evangelisti , un episodio oscuro dell’atletica italiana , per fortuna 30 cm erano troppi per passare inosservati… Poco autoctona la ’mangana’, poco legata al suo territorio è riuscita a garantirsi spazi mondiali e a dare un ‘occhio di bue’, un riflettore molto potente e ristretto, al protagonismo di campioni assoluti.