Uno zingaro che corre Sarà che a scuola ero sempre negli ultimi banchi, sarà che pure nel servizio militare ero ultimo, neppure mi fecero giurare, ma ho sempre ostentata simpatia per i perdenti. Gli zingari sono gli ultimi degli ultimi nella nostra società, più che perdenti. Tutti dicono che rubano e forse sarà pure vero ma è l’unica maniera che hanno per sopravvivere condannati nel sottoscala dell’umanità a elemosinare l’esistenza. Bisogna conoscerli gli zingari, bisogna parlare con loro e non farsi destabilizzare da una cultura solo diversa dalla nostra. In palestra, quella vicino casa, c’era un tizio con la pelle scura,olivastra, sempre in disparte e con lo sguardo basso. Si allenava poco e male e un giorno chiesi al trainer con la mia solita ironia : ma chi è quel capoccione che si inventa gli esercizi? Lui quasi sottovoce rispose…è uno zingaro, ma non starà tanto qui. Lo guardai perplesso e mortificato…ma io non ho chiesto i suoi tempi di frequentazione. Negli spogliatoi la volta successiva provai ad avvicinarlo, ma era sgorbutico, rispondeva a grugniti, aveva un accappatoio celeste, consumato ma pulito. Una mia battuta calcistica gli fece alzare lo sguardo e i suoi occhi neri come la pece. Il volto era inespressivo, non capivo se gli aveva fatto piacere il mio commento, ero intimidito. Mi sorrise. Fu come se tutto il mondo gitano mi avesse sorriso, le donne incinte, i bambini rumorosi, i vecchi con sigaro e cappello, tutti mi avevano sorriso. Lo invitai a prendere il caffè al distributore. Rispose grazie amico e venne. Lui diceva sempre amico, mi chiamava amico come se ne avesse tanti di amici e potesse generalizzare. Aveva solo me. Parlavamo di pugilato, scherzavamo, ridevamo, correvamo sul tapis roulant facendo a gara e mi batteva quasi sempre. Io gli offrivo sempre il caffè. Gli altri frequentatori della palestra ci guardavano con distacco, quasi con disgusto. A me non importava, fondamentalmente ho sempre odiato i palestrati arroganti e saccenti, non mi ero mai sentito uno di loro. Ho sempre odiato gli uomini arroganti e saccenti. Avevo un amico zingaro e ne ero lusingato. Una sera mentre uscivo dall’alimentari con le buste della spesa me lo trovai davanti con moglie e figlio. Fu felice di presentarmeli. La moglie con il mollettone in testa rideva sempre, timida e imbarazzata. Li feci salire in macchina e li accompagnai a casa a Torre Maura, nella zona popolare. Avevo sempre pensato che vivesse in un campo nomadi e nonostante la grande confidenza mi ero sempre rifiutato di chiederglielo . Esma, abitava in una casa come la nostra, aveva una famiglia come la nostra ed era un bravuomo.