Vola Ciampino 2

Un insetto mi si appicica al vetro, è Primavera.
Starmene a casa, senza correre questa gara, mi sembra un contraccettivo naturale, sangue mestruale,
un rifiuto per la competizione.
Mi attardo nella preparazione della borsa, delle scarpe e di tutto il resto che mi occorrerà.
Un buon psicologo riconoscerebbe in queste riflessioni e in questa gestualità un grido d’aiuto.
Un buon sonnologo mi avrebbe ‘aiutato’ a prendere sonno togliendomi l’intimo rancore per essere
sempre poco allenato, tenendo lontano il mioclono notturno, i crampi, gli spasmi, la sindrome delle
gambe senza riposo e tutte le mie agitazioni notturne involontarie.Ore 8, mi sento l’unica creatura
sulla strada, parto dal parcheggio del policlinico. Una vecchia Simca abbrustolita, color alcolizzato,
ancorata al muretto, mi fa tardare la manovra. Quel muretto ridotto a opera d’arte da un writer
ringalluzzito è l’unica cosa bella di questa brutta periferia. Partendo da sinistra: Magggica Roma,
ritratto di ragazza sorridente, amputata (si vede solo il volto), pallida e affascinante, 3 a 0 a zozzi,
ritratto infantile di un mostriciattolo(sembra un Basquiat), una scritta cinese. Un dolore istantaneo
allo stomaco mi rammenta la sbronza serale e il sapore di caffè appena preso. Vola Ciampino mi
aspetta e sono contento di incontrarla, è molto formosa, ti da una bella batosta con il suo percorso
tortuoso, ti fa sentire intimo con la pelle candida dei Castelli Romani, vicini vicini.
Ore9,10…
se uno dei problemi che devastano l’umanità è trovare in fretta il telecomando del televisore, il mio
ora è trovare viale Kennedy infischiandomene di quel presidente ucciso e sepolto e stare in tempo
alla partenza.La mia vita portatile soffre probabilmente di ritardi mentali, di buchi neri nel cervello
e in uno di questi buchetti c’è la dimenticanza dell’ora legale. Sono già partiti. Vedo un serpentone
colorato di gente che attraversa proprio viale Kennedy, davanti alla mia auto e davanti a uno della
protezione civile con un giubbetto raccapricciante . Parcheggio in uno spazio ristretto e corro verso
di loro dimenticando il numero e di spogliarmi. (sono 22 gradi e io ho maglietta e pullover di lana
con su scritto baci da Cortina).
Entro subito in un gruppo ben assortito che va piano, guardo l’asfalto, con il gesso c’è scritto km 4.
Stanco di troppo silenzio e del grigio acchiappatutto chiedo a un ragazzone accanto, ma a che ora
siete partiti? Uèèèèèèèèèè Tommàààààà, mi fa, con un accento abruzzoargentinoromanesco.E’
Franco Pace, un compagno di squadra. Sembra aver visto il sole, per strada mi ripete mozziconi dei
miei articoli, è un appassionato lettore delle mie cavolate e questo mi lusinga. Ripete tutto a memoria ,a
pezzi, mi fa venire in mente un libro appena comprato in anteprima mondiale:
Principianti. La versione originale della seconda raccolta di Raymond Carver: Di cosa parliamo
quando parliamo d’amore (titolo modificato). In quella occasione Lish , il suo editore, aveva
tagliato metà del suo testo originale, modificando perfino il titolo e qualche finale di racconto.
Gordon Lish , per fortuna , era un genio che correggeva un altro genio e tutto funzionò alla
perfezione. Raymond (sono molto intimo con lui, ho letto tutto di lui e bevuto metà del suo alcool)
all’inizio non si scandalizzò, quell’uomo stava per fare la sua fortuna. Poi scrisse questo nelle sue
lettere private all’editore---------..Gordon, giuro su Dio e tanto vale che te lo dica subito, non posso
subire l’amputazione e il trapianto che in un modo o nell’altro servirebbero a farli entrare nella
scatola, di modo che il coperchio si chiuda bene. Il mio cuore non puo accettare alternative.
Scoppierebbe, sul serio. Carissimo amico, fratello, sai cosa voglio dire e so che capirai.----
Il bravo Franco Pace non mi da il dolore di Carver, tagliuzzando, tutt’altro, me lo ha solo ricordato.
Continuiamo il nostro sodalizio fino al traguardo su di un percorso dimenticabile. Un accenno di
volata negli ultimi 200 metri e poi la confusione degli arrivati. Il mio amico Marco è già li da un
pezzo, lo rincuoro per il riscontro cronometrico non esaltante e in effetti il percorso modificato è
durissimo. Non so se mi crede, va via triste, ma lui è sempre un pochino malinconico.
Sbircio l’ordine di arrivo che parla solo di categorie, nessuno mi sa dire dei vincitori assoluti.
Quando chiedo a uno degli organizzatori..mi fa una lastra e dice…e tu cosa c’entri con gli assoluti?
Lo fulmino con un: (stronzo) sono un giornalista! Stronzo non glielo dico, lo penso solo. Lui si
scusa sembrando mortificato.
Vado al posto di ristoro. Delle brutte ragazze in carne mi negano una bottiglietta d’acqua. Ranieri
Carenza, l’ex campione factotum della Gara deve rivedere il fondamentalismo delle sue direttive.
Non si nega un bicchiere d’acqua a nessuno, fosse pure un clochard. E secondo il mio modesto
parere.. metta delle hostess più avvenenti, quelle facevano proprio schifo.
Morto di stanchezza e di sete rivedo Franco Pace con la sua bella famiglia, bella moglie e bei figli
piccoli. Tutto bello, pure lui, fuori e dentro. Mi salutano con affetto.
Cerco Vincenzo e gli altri, non li trovo.
Faccio il sottopassaggio della stazione e incontro Giuseppe D’Antone, splendidamente felice mi
comunica che è arrivato primo di categoria.
Salgo rapido gli scalini e trovo Carlo Fiore, lo saluto per salutarlo, lui mi dice subito il tempo…
come se fossi una slot machine che tira fuori sorrisi, e ne vince uno speciale.
Sono finalmente su Viale Kennedy e inizio la ricerca della mia auto, già normalmente non ricordo
mai dove la posteggio figuriamoci oggi.
Corricchio bordo strada, Alberto, più anoressico che mai, mi strilla qualcosa dal finestrino, non so
cosa, ma mi sembra un complimento(gratuito). Dopo 500 metri vedo dei fari e penso…sto coglione
ha dimenticato le luci accese. E’ la mia auto, torno a casa.