Corri per la Befana 2016 Seduti sul muretto con i piedi nel vuoto aspettiamo di riunirci agli altri. Le teste di bambola che ci passano davanti sono diverse dal modello che abbiamo a casa, sono più snelle,più algide. I loro occhi ci strisciano addosso come fari nello specchietto retrovisore. Decidiamo di muoverci dentro la nostra tuta color seppia con doppia fodera. All’aperto sembriamo meno ridicoli. Il riscaldamento sul fango è come fare sesso con un crampo a un ginocchio, ma lo stivale di prato di fianco alla chiesa è l’unico posto incontaminato . Carmine mi vede ancora come un amico bravo e buono e non mi abbandona nemmeno quando il gesto limpido e meccanico della corsa si affossa . Ci viene voglia di un caffè, manca più di un’ora al parapiglia. Tra le ragazze più desiderabili della città non c’è la cassiera del bar, ha parecchi anni e comincia a dimostrarli. Sicuramente esperimentato da valanghe di giovanotti il merletto rosso delle sue labbra ora sembra consumato e a malapena riesce a esprimere un: -Desidera? Ha il nome di battesimo su una targhetta scritta a macchina aggiunto alla marca di caffè pubblicizzata. Il testone di un bambino che sorride in costume da bagno divide la cassa in due compartimenti, da una parte gli affari multi color dei gratta e vinci, dall’altra i sentimenti e gli affetti famigliari in foto. Senza chiedere il mio parere Carmine ordina tre caffè intuendo che nell’intervallo di pensiero si è aggiunto a noi Alessandro. Getto la gomma in una pianta di pitosforo abbandonata tra uno stock di panettoni in saldo e mi avvicino al bancone. La barista dipinge sul mio caffè macchiato una specie di segnale stradale triangolare che indica pericolo. Ha un tatuaggio sul seno destro che sembra vivere per proprio conto. Non si capisce che voce abbia , l’unico rumore che emette è quello dei piattini contro le tazzine. La difesa con una donna così bella è estrema e ci fingiamo morti annullando pure il respiro. Usciamo sbandando sui viottoli bagnati con le nostre suole di gomma. Il cielo sempre più rappreso sembra non promettere nulla di buono, ma questa è una gara fortunata e uscirà il sole. Coperti dalle fenditure dell’automobile indossiamo il completo da gara che è uguale al completo non da gara con numero e un chip in più. Carmine dietro i suoi occhiali da vista fuori modissima saluta vecchi compagni di allenamento che sembrano clienti assidui di un centro anziani stellato dove non si soffre la fame. Con la destrezza di Zorro ci appare Roberto Tognalini alle spalle, con lui contatto visivo breve, schietto, e un saluto affettuoso. Consapevoli di trovarci alla partenza poggiamo i piedi in ultima posizione per evitare la ressa, per non rincorrere un obiettivo cronometrico impossibile, per stare vicino a una moretta niente male in k-way bianco. Il resto del mercato demografico è ben assortito e non riserva sorprese, le facce sono sempre le stesse, somigliano a quelle della we run rome di pochi giorni prima anche se il prezzo del biglietto è la metà. Il recinto si apre, la gara parte in discesa. La pioggia che ha fatto schiumare i tombini è finita. Il sole da un cielo capovolto filtra sull’acqua sporca. Pozzanghere di cartapesta dicono. Statemi vicino.