La Mezza dei Castelli Carmine sembra uno a cui di punto in bianco hanno tolto una metà. Tornato un giovane provvisorio dice che è colpa di una dieta noiosa e deprimente, di una improbabile ristrutturazione del suo appartamento, degli allenamenti intorno alla palestra. Io dico che ha cominciato a frequentare sessualmente una donna. La portata del cambiamento è una ridondanza che si ripete a ogni innamoramento. E mi è tristemente noto che quando succede lui tende a evitarmi. Così strano che io sia considerato, nel frangente, il pericolo da scampare. Così strano che l’amicizia sia un deterrente. Anche se. Come un prodotto chimico che svanisce, come un incendio indomabile che si doma so già che il cambiamento cambierà. Mi darà la solita pacca sulla spalla e con una posa conosciuta dirà: per fortuna ho un amico come te. E l’amico come me metterà le mani in tutt'e due le tasche e se ne andrà verso il solito bar per essere facilmente ritrovabile. Sarà facile come pescare con il botto, fare pace. Carmine bevendo caffè e cercando solidarietà tra i presenti dirà: avevo perso la testa, To’. E To’ berrà pure lui caffè e anestetizzando la delusione dirà : ma quando mai hai avuto la testa, tu. La ragazza del bar, come chi non sa cosa cucinare e mette su le patate, aggiungerà: voi siete amici veri. L'idea pura è che nel frangente non ci tratterà come sani di mente, ma è solo un'idea. C'è già tanta gratitudine per il conto in rosso dei cappuccini e caffè, e per l'immunità alla noia che procura il suo bel viso mentre le sue dita si dibattono sotto lo scroscio del rubinetto in una sinfonia di cucchiaini. Noi usciremo dal bar a distanza dentistica, ridendo, come sempre. Genzano lato ovest della piazza, ore 8. Saluto gli amici della Podistica 2007 con un abbraccio caloroso. Siamo in dodici, nemmeno pochi visto le difficoltà del percorso. Saluto Alessandro, ritardatario, seguito dal tifo amorevole della sua bella famiglia. Ci sono tutte le premesse per fare bene. Come personale quasi più anziano della gara meriterei qualche riguardo e non l’ossessione ruminativa di una ragazza che mastica nervosamente gomma americana, accanto a me. Dopo aver studiato il tabulato della sua finta displasia mandibolare mi sposto di un metro perché di più non mi è concesso dalla concentrazione di partenti e dal forte profumo floreale di uno shampoo alla mia destra. Il livello di avvenenza generale è molto basso e ogni altro spostamento sarebbe minaccioso e peggiorativo per il mio stato umorale. La gara parte. Tutti parlano a voce alta, per farsi sentire, per coinvolgere nell’ascolto il maggior numero di persone, per ritrovare gli amici dispersi. Carmine mi sta vicino eroico e silenzioso. Io cerco di capire che senso ha continuare a dibattermi ancora nelle ultime posizioni fin dal primo metro di ogni gara. La risposta è nella serenità mentale e nel piacere di raccontarla, la gara. Al terzo chilometro resto solo. Il percorso è stupendo, uno dei migliori mai visti in vita mia. Sento la ventola dell’ambulanza che si accende e si spegne alle mie spalle. Mi si avvicina una Panda, dentro c’è qualcuno dell’organizzazione con una bandierina vivace. Mi chiede: -tutto bene? Tutto male, ma non dirlo in giro, rispondo. Pensa a una mia banale battuta di spirito e si allontana ridendo. Non può immaginare il mio inferno e non può immaginare che io non sono mai banale.(Rido pure io,di me). Arriva la salita più lunga e dura, arriva il suggestivo passaggio nel corridoio centrale di Nemi. I turisti numerosi mi guardano affamati e stanchi di applaudire. Appartengo a una razza diversa, non c’entro con i corridori, secondo il loro modo di pensare. Eppure mi farebbe tanto bene un incoraggiamento. Mi guardo intorno in cerca di compagni. Quando correvo le gare in testa non c’era solidarietà tra i primi. Scopro che non c’è nemmeno tra gli ultimi, inutile cercarla adesso. In un impeto di rabbia supero un anziano sciancato, supero un padre e una figlia. Bevo a una fontanella di campagna, l’acqua sembra minerale. Esco dal fondo dissestato del lago. Davanti tutti camminano, l’ultimo chilometro è un muro. Una donna in carne non riesce nemmeno più a camminare, si accascia sul guardrail arrugginito. Provo a raggiungerla non per superarla, per darle conforto. Scappa. Sul muro di tufo alla mia destra c’è una madonnina. Mi faccio il segno della croce come facevo da bambino. La salita diventa un’ipotesi di salita, le gambe tornano a girare. Passo la donna in carne. Operazione semplice. Giro a destra, mi faccio largo tra spettatori che pensano che la Mezza dei Castelli sia finita da un pezzo. Due ore e quarantanove, arrivo. Rimprovero due anziani che chiedono la medaglia alla ragazza dell’arrivo. Stringo i pugni e dico: - ve la dovete guadagnare, e c’è gente che deve ancora arrivare. Impauriti più dal mio aspetto stanco che dalla frase, si allontanano. Non so neppure se qualcuno deve ancora arrivare. Scambio due parole con Adriano De Angelis, compagno di allenamento in un passato eccellente. Vicino l’auto posteggiata trovo Carmine, è lì da quaranta minuti. Non mi aspetta mai con ansia, conosce il mio valore scadente. Sa quando arrivo.