La Mezza Maratona dei Castelli. Nel centro storico, più su, il destino poco invidiabile di una cucciolata di nubi bianche che sparirà presto alla nostra vista come un’allucinazione bianca ricamata su un lenzuolo bianco. Noi della squadra insieme, ma isolati, facciamo le scale. Ai nostri passi la replica dello sporco verdolino del percorso con rimandi sorvegliati da una luce crepuscolare. Le facciamo due volte le scale per raggiungere il ponte. La scena non è memorabile, solo faticosa, e questo è un luogo di passaggio, un dolore provvisorio che non ce la farà a scacciare quello vero, postumo, della non gara: la mia mail di iscrizione con tanto di fotocopia del tesserino e con tanto di accordo telefonico con gli organizzatori non ha funzionato e a nessuno interessa risolvere il problema. Resto per qualche minuto, più di qualche minuto a elemosinare il numero. Sto solo chiedendo di correre a pagamento, dico. Poi un ragazzo che maneggia l’elenco nel quale non risulto ha un colpo di genio: può sempre correre senza numero. Lo dice con tono amichevole e risolutivo e gli do retta. Il panorama è spostato in alto, questo di adesso serve solo a nascondermi dentro. Mi vergogno di correre senza numero, mi sento un intruso. Io che ho sempre dedicato tanto tempo a questo sport, tante parole. Io che ho convinto i miei amici a correre questa Mezza perché è dura, ma bella. A concedermi a sentimenti inutili adesso penso che è brutta. Brutta e uguale a tante altre. Straordinario è come basti mezzo secondo di pausa per far sentire con il culo per terra un corridore. Il trucco sta nel raggiungere più in fretta possibile l’arrivo dove ci sono tutti e mischiarmi a loro. Mischiarmi a loro, sentirmi amato per induzione. Gente bella e onesta quella della corsa, spaparanzata al sole della piazza, che se dovessi dimenticare il mio zainetto senza medaglia su uno scalino farebbe a botte per scovarmi e restituirmelo, mi conoscono in molti. Ho la maglietta colorata della mia squadra , i pantaloncini corti da adolescente e le lacrime agli occhi mentre assisto alla premiazione. Osservo dritto. Nessuna direzione strampalata. Solo quella degli organizzatori.