Con una corsetta. Lavo i piatti, butto la spazzatura nel cassonetto, porto a spasso il cane. Sono un brav'uomo, utile. Mi basta quello che ho con me, due carezze, un caffè al mattino e una birra la sera. Faccio sport per tagliare i grassi, per non stare troppo a palpitare sulle spese, e perché la corsa tiene compagnia. Sono da penultimo banco, né un genio né una schiappa. Ho scialato affetti, ma non ho mai la sensazione di sentirmi solo, di sentire la gente lontana, si. E allora perché proprio a me quella telefonata? -Non ti senti in colpa di niente, vero? -Chi è? –Chi parla? -Lascia stare e rispondi, non ti senti in colpa, vero? -Non ho una memoria prodigiosa, di cosa devo sentirmi in colpa? -Comincio la cura del ricordo così ricordi: tu sei sparito e senza ragione. -Per favore, se è uno scherzo finiscila. -Mi hai lasciata rotolare nella merda, vigliacco. -Lo sapevo. -Cosa sapevi? -Hai sbagliato numero, me lo ripeti per favore? -Perché? -Me lo ripeti? -0397773999 Segno su un foglio fatto a fisarmonica l'orchestrazione dei numeri. Controllo dosando la curiosità. -Non è il mio, c’è un 9 in meno, hai sbagliato. Si sente una specie di pigolio misto a spavento. -Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace -Non è successo nulla, tutti possiamo sbagliare un numero, buonanotte. -Aspetti. -Che c’è ancora? -Ho bisogno di parlare. -Io dormo poco, ma…ed è una storia che si ripete questa di una donna in attesa. -La prego. -Aspetto le tue istruzioni, cosa hai da dirmi? -Lei ha una voce da uomo perbene, molto rassicurante. -Grazie, è un presente dell'età. -E' molto vecchio? -Abbastanza per non dire di esserlo. -Non mi va di parlare qui, non ci possiamo vedere? -Certamente, nessun problema, non è che mi piaccia molto questo lato rancoroso, ma posso rischiare di conoscerti. -Ora. -Ora che? -Ora la voglio vedere. -Sono le due del mattino. -Lei tratta male le donne? -Mai fatto e dammi del tu. -E allora non trattare male me adesso, per favore. -Va bene, riflettevo solo sul senso della nostra conoscenza, il telefono manda segnali acustici, non devi sentirti compromessa. -Cerca di essere buono al cento per cento. -Chiedi a un buono di essere più buono, impossibile. -C'è un Bar aperto tutta la notte proprio vicino alla Fontana. -E perché lo dici maiuscolo? Che fontana è? -Fontana di Trevi. Non è un guizzo narrativo il mio, né l'imitazione di vita dolce, per spegnerlo replico con un …. troppo lontano, abito in periferia. Strimpella una voce anaffettiva comunque melodiosa: -ti prego, a quest'ora impiegherai pochi minuti. Sento un fruscio, una boccata di fumo, un colpo di tosse, un clik. In cucina scaldo al microonde il caffè vecchio del pomeriggio. Accendo la radio per avere vicino un rumore. Se qualcuno vi racconta che a vivere da soli si sta bene, torcetegli un braccio, sputategli in un occhio, tappategli la bocca, non si sta bene per niente. Mi specchio nel vetro della finestra, nella mia casa non ci sono altri riflessi. Faccio un passo danzante, verifico il profilo migliore, il sinistro, farò lavorare quello. Tre quarti di me sono infilati in un logoro pigiama oversize con una decalcomania incomprensibile, sbiadita di lavatrice. Nell'inghiottitoio dell'armadio a muro pesco una camicia bianca appesa, ho detto appesa, non stirata, e una cravatta con un nodo fatto da mesi. Non mi ricordo il termine scientifico di coglione, ma presentarmi alle 3 del mattino in camicia e cravatta mi avvicina molto a quel termine. Recupero qualcosa di cotone e un jeans sabbiato. Rinfresco il tutto con un estintore profumato. Svuoto il bidone della spazzatura, il sacchetto verde si intona con la mia faccia. Impiego trenta minuti per raggiungere la Fontana. Non c'è un gabbiano, nè un pesce rosso, nè un topo, né un essere umano. Mi siedo sul bordo, l'acqua è sporca di desideri, monetine lasciate alle spalle. Appoggiata ad una staccionata anti panico una donna osserva qualcosa oltre le stelle. Non è molto stabile sulle gambe. Alzo il pollice destro per simpatia alla sua sbronza, non a lei. Potrei provare a spassarmela invece di fare il fesso sulla fontana. Non che io abbia una particolare predilezione per gli incontri occasionali, ma in certi episodi aiutano. La donna sembra aver capito le mie intenzioni e si avvicina. Ha il viso deformato dalla luce fioca, sembra il ritratto di un principiante che ha provato a disegnarla per divertimento e la fa somigliante, ma non è così esattamente. -Al telefono hai detto d’essere vecchio, ma che impostore. -Ah, sei tu. -Ah, sei tu…mi piace, nessuna meraviglia? -Nessuna, ero preparato al peggio dalla somma delle tue parole tristi. -E che ne pensi? -Mi dispiace non so fare complimenti. -Preferisco, grazie. Siamo seduti, è mancato solo il saluto, per il resto siamo accostati. Un silenzio intervallato dimostra che siamo una coppia esausta per poter sostenere una conversazione. -Si sta bene qui. -Si, si sta bene qui. -E non ci volevi venire. -E non ci volevo venire. -Pappagallo. Perde vigore l’idea iniziale di abbracciarla, ha i pugni serrati che coprono lo smalto, una diavolina sintetica che non accende nulla. Provo a srotolarle una mano. -Che vuoi. -Sto facendo un calco dei miei desideri, uno è capire perché hai le mani così serrate, l’altro è capire chi di noi due se ne andrà per primo. -Detto da te, educato, timido, scornoso, non me l’aspettavo. -E io non mi aspettavo scornoso, è un termine autentico, antico, chiara la tua cultura, esemplare il tuo modo di descrivere. -Cosa guardi? -Se ci sono telecamere, se è tutto vero o se siamo in un film. -Se siamo? -Si, se siamo. E’ da stupidissimo fissarmi sulle foglie cadute sui sampietrini, farlo sminuisce il risultato. Questa depressione è colpa della mia istruzione mediocre e dell’incidente al ginocchio che mi impedisce di corre velocemente. Mi passerà. Mi sto raccontando le cose. A lei nulla può interessare. Ha il colore degli asciugamani che rubo in hotel, avana. Non ero così infelice da anni. Magari domani staremo tutti un pochino meglio, con una corsetta.