La maratonina del cuore (Tivoli). -Non so nemmeno di che parli. -Sbottonati con me, To’. -Non c’è proprio nulla da dire. -Sarà l’aria fresca di Tivoli che rimbecillisce, a me hanno detto che questa sarebbe stata l’ultima gara. -Mia? -Tua. -E secondo te io me lo faccio a fette con tutti gli allenamenti per poi smettere di correre. -Tu sai. Gli uomini intorno a noi con il numero sul petto sembrano opuscoli variabili colorati, numerati. Le donne hanno l’aria afflosciata e segmenti di pessimo umore sul viso inaspriti dalla tensione agonistica per il premio di categoria. Per l’odioso premio di categoria. La partenza è tutta in salita e si capisce subito che il seguito non sarà un gioco per bambini. Ho l’affanno di chi mette in bocca e fuma contemporaneamente dieci sigarette. Ogni faccia che mi passa è blindata. Più che a uno che corre somiglio a uno incapace di stare fermo. Sorvolandola scopro che Tivoli non è solo Villa d’Este. Le ammaccature di un sorriso se le sorbisce una ragazza di Podistica Solidarietà, la squadra organizzatrice. Istantaneamente mi ricordo che mi manca un dente e che ho appuntamento con il dentista e la sua lampada da fronte, questo assassina ogni possibile concentrazione sentimentale. Passiamo sul ponte e su un piccolo assaggio di fiume color lambretta grigia. Termina il primo giro e due sgargianti giocattoli da corsa in testa alla gara mi doppiano. I due giri piccoli di tre chilometri che mi restano sembrano un espediente per farmi soffrire. Assumo un’espressione intimidatoria per tutti quelli che mi passano. L’aria condizionata fa bene alla vicenda, si perde meglio con il fresco. Due soffici pezzi di cretini si fotografano in corsa con contentezza da ergastolani in gita premio , alternandosi nella posa. Il guaio è che non riesco a staccarli, né a scazzottarli. Hanno una maglietta importante che non rispettano e non rispettano la gara e non rispettano me. Manca poco. Pianura breve bianca di marmo. Sampietrini. Negozi chiusi. Palazzi antichi sfusi. Ricette di sole. Turisti. Fruscio di marche di scarpe. Tortine di acqua spiaccicata. Di sali minerali spiaccicati. Sagome di pubblico amico. Il fiato rassicurante dell’Arrivo di plastica. Guardo questo. Facci caso.