Decathlon due.
La bocca mi si apre come una scatola di tonno da duecentosessanta grammi, sparo un sorriso all’olio d’oliva e con voce castrata, sottile chiedo al box delle informazioni: vogliamo un’informazione.
Franco mi sta attaccato, un giubbotto antiproiettile umano, oggi nessuno mi ucciderà (forse).
La nostra amicizia si era sbiadita come un’abbronzatura estiva a settembre, poi ci siamo chiariti, ci siamo abbracciati e tutto è tornato come prima.
Dovete pagare?
Non abbiamo ancora consumato (all’unisono, io e Franco)
Uhm…spiritosi.
Seriamente…. cercavamo la ragazza delle scarpe sportive.
Vi ricordate il nome?
Io ricordo l’iniziale R.
E dimentica il finale?
E si, vado poco al cinema.
Ma che simpaticone, glielo dicono spesso che è un simpaticone??
No, ma solo per timidezza.
Credo sia in ferie se è la Rossella che penso io.
Se è carina e con gli occhiali a culo di bicchiere è lei.
Ci guarda con occhi a mandorla alla pasta di mandorle, dolci smielati.
Pure Franco che sembrava intontito dal neon, ha un sussulto. Avesse mantenuto la faccia seria non me ne sarei accorto, ma quando sorride cambia, esce fuori la sua intenzione, il suo stato interiore.
Sono per lei le scarpe?
No, per il mio amico,.. e Franco sta seduto su di uno strapuntino di nuvole.
All’istante mi sento tirare una spallina della camicia celeste (ho sempre sognato di fare l’autista di linea e la mia mise ne è la prova inequivocabile.).
Ah! ..ma allora mi tradite!!..mi prendo cura io di voi.
Franco arrossisce per tutti e due, mi giro a scatto, è lei.
L’arrivo improvviso contrasta con gli occhi zuccherini dell’hostess informazioni e rende la situazione confortevole come fare sesso con un foglio di carta vetrata arrotolato
Ti è cresciuto il piede?..che sei già qui?
Non mi è cresciuto nulla.
Piccolino lui….
Occorrono delle scarpe al mio amico Franco, deve correre l’ora in pista e non vuole sfigurare.
Vero, non sono Francis Bacon (Franco ogni tanto introduce le sue conoscenze artistiche essenziali e ficcanti)(…Bacon sfigurava i suoi ritratti).
O.k , andiamo a vedere, ma con i saldi è rimasta poca roba e pochi numeri.
Li facciamo noi i numeri!..spara Franco.
L’hai addestrato bene il tuo amico, stesso spirito di patata.
L’ hostess del box, dopo aver osservato tutta la scena senza commenti, urla un : ma siete amici?
No.. no..e tiro un gran respiro da mentitore contumace senza spostarmi dalla posizione accanto al box come se avessi un set di valige vicino da controllare.
All’ennesimo invito, dimentico il set e la seguiamo. Lei è come un film che agli altri può apparire noioso, ma che noi possiamo continuare a guardare fino al tramonto senza noia e senza patatine.
Arrivati ad una corsia densa di scarpe sportive, ci abbaia contro, dolcemente e delicatamente, ma ci abbaia : non vi siete fatti più vedere!!.
Dal dottore?
Da me!...pagliacci, piantatela di giocare.
Sorridente o arrabbiata, rimane un laboratorio erotico evidente, per noi.
Non so che dire, non sappiamo cosa dire...
Ecco, meglio se stai zitto, se state zitti.
Le sue amiche, attratte dalle discrepanze sonore, si sono avvicinate, sembrano caricate a molla, se una ride, tutte ridono, se una sta zitta, tutte si azzittiscono.
Siamo impanati dall’imbarazzo e Franco con un…..ma le vogliamo vedere ste scarpe!..ci tira fuori con la fune dall’inghiottitoio dove stavamo precipitando.
Che numero hai?
46
Eh?
46
O.K, guardo.
Rivolta a me…il modello te lo ricordi?..le vuole come le tue vero?
Mi ricordo la modella che me le ha vendute, non il modello.
Sorride e non parla, per fortuna, somiglia troppo ad una mina antiuomo e secondo me basta la vibrazione della voce a farla esploder. Il pericolo mi fa colare addosso intimità…., strano eh?
Eccole, domani le proviamo.
Cioè?(all’unisono)
Domani vengo a correre con voi, voglio proprio vedere di che pasta siete.
Siamo tirati a mano come gli gnocchi, risponde Franco con le scarpe nuove in tasca, una a destra l’altra a sinistra per non creare squilibri nello svantaggio ponderale.
Ore 7, ti accorgi che è mattino quando senti la gente scaricare lo sciacquone del cesso, una sveglia fisiologica.
Ho tre o quattro cose da pensare oltre che togliere la caffettiera dal fuoco e spalmare il panino di marmellata, ma le penserò dopo.
Li trovo tutti e due ad attendermi al parco. Intorno c’è già tanta gente che corre, c’è tanta gente che non corre.
Franco è proprio strano, proprio originale. Pantaloncino largo beige al ginocchio che lascia nudi i polpacci da scalatore dolomitico , maglietta beige vintage, capelli aruffati alla Sid Vicious, una rimembranza del vecchio punk . Lei pure è strana perchè sorride e i denti offuscano gli occhi, tanto sono perfetti ed abbaglianti. Potrebbe fare l’orsacchiotto di un bambino cresciuto, lo farebbe felice mordendolo con quei denti.
Comincia a correre con le braccia molli lungo i fianchi. Tutti la guardano, tanto è bella e pallida . Decidiamo di sceglierne uno a caso da picchiare così gli altri la lasceranno in pace con i loro sguardi.
Ha un paio di occhiali spessi con le stanghette verdi e sottili come una foglia di lattuga, brutti, ma che la fanno sexy.
Separo il corpo dal vestito, giusto per avere un’idea della quantità di stoffa usata per coprire quel capolavoro. L’operazione richiede pochi secondi e mi osservano perplessi : hai sonno Tommà?
No pensavo…
Tu pensi troppo Tommà, stiamo andando veramente piano.
A cosa pensavi? dai..devi dirlo… sussurra con voce adolescenziale Rossella..
Al nostro dolore perduto, urla Franco.
Cioè?
Che siamo felici di correre insieme a te.
Tonti (e sorride), mi prendete in giro eh…
Noooooo (e sorridiamo noi)
La nostra è una solitudine autoctona, piantata da anni nel campo polveroso di Tor Tre Teste e questo episodio raro ed imprevisto l’annaffia di solidale contentezza.
Il coraggio di aggiungere qualcosa mi rimane dentro, attaccato allo stomaco, alla gola, e cerco di concentrarmi sul ritmo dimenticando le mie fantasie mentre lei mi osserva di sguincio e il suo sguardo è più logorroico di ogni frase, è infinito.
Le sue braccia spingono in avanti, la sua mano sinistra prende una direzione storta, angolata verso la mia testa , si ferma a metà invischiata nell’aria mattutina, poi ci ripensa e mi arriva un affettuoso scappellotto sulla nuca. Non fa male. Non lo fa.
Rimango muto come se avessi finito le parole o non le avessi mai cominciate, comunicate, intimorito dal suono strano che sarebbe potuto uscire dalla mia bocca. Franco sta due metri avanti e correndo veloce ci tiene fuori dal suo campo visivo.
Il verde collutorio del panorama attenua lo sforzo.
I frammenti del lungo percorso tagliuzzati dalla gomma delle scarpe fuggono ai lati misti a polvere, non lasciamo impronte.
L’affanno di Rossella è diverso dal nostro e si capisce che è femmina da come ansima.
Nella radura bassa spariscono i colori, non c’è più quel verde tipico del parco, tutto è ocra come le nostre facce.
L’aria profuma di polvere vecchia, grossolana, da poter essere fotografata.
Guardo il cronometro, non ho riferimenti precisi. Arriva finalmente un pino. Arriva un eucalipto. Arrivano le mimose e il boschetto di biancospino.
Hai la ragazza Tommà?
Non ho un buon rapporto con le donne.
Cioè…le usi e getti?
No, le getto e basta.
Per un attimo mi sento deforme, repellente, lucidamente schifoso.
Franco scoppia a ridere e tutto passa.
La verità è che non ho abbastanza intelligenza per avere una ragazza tutta mia.
Infatti, non lo sei (ride ubriaca di risata)
Tommà, tu prendi per i fondelli l’umanità.
Tengo fuori i clandestini, sono poveri cristi.
Non voglio ficcare il naso negli affari tuoi, ma tutto quello che dici è vero?
E’ più vero quello che non dico.
Sei un pazzo, un pazzo scatenato. Perché non ti togli quella barba?...sembri vecchio.
( due minuti di silenzio assoluto)
Sono vecchio e voglio sembrare un vecchio più vecchio.
E perché?
Così la gente non mi rompe con le domande, pensa questo è già andato….lasciamolo in pace.
Ti scocciano le mie domande?
Non sono abituato alle interviste mentre corro, ho bisogno di tranquillità per vuotare il sacco.
I chilometri passano e siamo tutti e tre abbastanza stanchi, il problema dell’allenamento sembra quasi risolto. Rossella è la peggiore ascoltatrice che abbia mai incontrato e sono quasi contento che tutto sia finito.
Rimane il suo fascino letale misto a sudore, ma è meglio staccare la corrente prima che arrivi il buio. Sbattere le corna contro il vetro della porta girevole della sua curiosità mi infastidisce e se non mi ha ucciso al primo colpo non le permetterò di spararne un altro. Non si va nei parchi a dire mi sembri un vecchio con quella barba, sono cazzi miei..o.k???
Aspetto la fase stretching per smadonnare da fermo e far sparire il vuoto vivido di quella conversazione crudele.
Franco sembra scomparso, inesistente, neppure mi chiede più l’ora..l’ha fatto in continuazione, prima.
Hai un braccio tatuato…
Si, ti piace?
Odio le donne tatuate.
Ma che villano!
(non sorrido)
Ti sei offeso per la storia della barba!!?...mi sembra di parlare a uno che non c’è.
Ci sono… toccami…, ma spetta che mi spalmi di unguento velenoso la pelle.
Quant’è cattivo, si è offeso!
Franco è assente, ha un’espressione passiva, se è un suo ammiratore segreto sa nascondere bene.
Palpabile l’imbarazzo del momento che solo lo scroscio d’acqua della fontanella riesce a bloccare.
Beviamo??
Ma si beviamo, è gratis e sempre fresca
Tutto torna naturale, l’acqua che scende, le automobili che rallentano prima della curva, un cane che abbaia ad un altro cane, l’ombra del tiglio meno minacciosa .
Franco si toglie una scarpa e cammina scalzo sulle radici fino al muretto.
Continuate voi, ho una vescica maledetta.
Me lo studio con sospetto, nascosto dal gelo di Rossella, sarà vero che ha una vescica o non ce la fa più a sopportarci?
Il muro ha una crepa profonda che esploro con lo sguardo, una crepa che arriva fino al piede di Franco.
Fammi vedere.
Ma dai Tommà, che vuoi vedere..ho pure il piede impolverato.
O.k, facciamo la salitina e torniamo, tu non ti muovere.
Non mi muovo Tommà, mi fa male.
Superato il momento di esitazione ci arrampichiamo tra gli ippocastani carichi di foglie. Corro quasi sempre da solo ed ora investire nel linguaggio morse dei nostri passi è una bella novità, non è semplice parlarci.
Le foglie respingono il sole a picco sulle nostre teste, fanno evaporare i raggi bollenti.
Rossella si arresta.
Che c’è?..sei stanca?
Solo stufa…a me non piace correre a lungo.
E che sei venuta a fare?(riesco ad essere odioso in ogni situazione)
Lascia perdere….
Mi sarei svitato il cuore come una lampadina fulminata, cuore e cervello, per sostituirli all’istante con qualcosa di funzionante, di luminoso ed aiutarla, nonostante tutto.
Il torrente del sudore aumenta, da fermo, e aumenta lo spazio che ci divide, ci allontaniamo senza spostarci. L’intercapedine d’aria diventa cemento armato misto a vento caldo.
Zoppicando arriva Franco, stranamente felice come un bimbo appena nato.
Tommà…e mo vi siete fermati?
Pausa di riflessione Frà.
Ah, bella cosa…riflettere, ma su che.
Sull’ultimo chilometro.
Quale?
Quello segnato Frà, è l’ultimo chilometro che ci dirà la verità.
Mi osserva imbalsamato di stupore, lui sa che sono contrario alle progressioni finali che servono solo a danneggiare l’allenamento e a frustrare i più deboli, quelli che non vinceranno mai quell’ultimo chilometro.
Ringraziate Iddio che ho le mestruazioni e non ce la faccio a chiudere forte.
Io e Franco ci guardiamo sbigottiti da quella confidenza intima, spiazzati.
O.K, nessuna progressione finale, tanto…
Tanto che!!!???
Dicevo tanto…tanto niente (balbetto)
Ascolta, io ho un passato da ottocentista e vi avrei fatto vedere i sorci verdi, altro che tanto…..
Improvvisamente parte a mille, Franco la insegue, io inseguo Franco e lei, staccato di una decina di metri.
Passiamo sullo zero del mille, faccio partire il cronometro.
Metro dopo metro li sento rimpicciolire dalla fatica mentre io cresco.
Franco è terrorizzato dallo sforzo e dal timore di non farcela, mi passa il testimone immaginario..come per dire..vinci tu Tommà io sono cotto e mi tira per la maglietta lanciandomi il suo S.O.S.
Correre con una bella donna somiglia troppo a farci l’amore, ma lei ci vuole violentare.
Franco si stacca ai 500 metri, a metà, anche lui sembra mezzo, tanto è deluso.
Siamo gomito a gomito, provo a mascherare l’affanno.
Tentativo fallito.
Ciccione come sei vai forte però….urla tra i denti.
Non rispondo, mi concentro su ogni sasso conosciuto, per evitarlo.
Il compasso è alto, tondo, sembro l’Amendola degli anni ottanta. Nello è mio amico, posso imitarlo.
200 metri, ritmo pazzesco, da infartuare pure le cornacchie intorno che svolazzano via spaventate. Ritmo misto a odio.
100 metri, è dietro, sfinita, morta.
50 metri , rallento…, l’aspetto.
Finiamo il mille insieme: 3,14.
Appoggio le mani sulle ginocchia e sorrido, è la prima volta che sorrido.
Lei ha le lacrime agli occhi,
per lo sforzo,
per l’acredine di quella conversazione,
per la mia generosità inaspettata.
Franco non arriva,
arriverà.
Accendo la radio e finiamo in musica:
Andarsene Così- Baustelle.
Un inno al suicidio per chi ha impiegato 55’, 30’’ per correre i 10chilometri.