Corri per il lago. Castel Gandolfo. La tavola della sera prima apparecchiata, la tv ancora accesa, un odore di grotta e di sigaretta. La carcassa di un uomo istintivamente pigro che prende a noleggio una colazione strana: mandorle e caffè. Il viaggio. Castel Gandolfo-ore 8,30 Difficile non trovare simpatico uno che al tavolo dell’iscrizione ti dice- Sei tu il Tommaso che scrive? Difficile non rispondere-Si sono io, ti piace il mio stile? Riscaldamento, 15 minuti alla partenza. I corridori si preparano alla mischia, non ci sono colpacci giornalistici da mettere a segno, tutto funziona. Una salita immediata, pazzesca, mette a dura prova la volontà di tenere un ritmo accettabile. L’ effetto collaterale di essere una schiappa è solidarizzare con tutti quelli che vanno piano. L’aria è tersa e temperata, e come la maggior parte dei laghi il lago è di una calma inquietante. Intorno c’è un verde intenso, le strade sono sciacquate dall’ombra dei pini, persino una casa mezza diroccata sembra bella. Incrocio i due atleti in testa nella galleria, li incontro a mano contraria, a me mancano sei chilometri all’arrivo, a loro seicento metri. Uno dei due urla manifestamente sincero : forza Tommaso. Lo riconosco è il ragazzo incontrato all’iscrizione e sta per vincere la gara. La galleria diventa l’illustrazione vividamente concreta di qualcosa di emozionante. Il campione che incita l’ultimo non si era visto mai. L’angoscia di non deludere quell’urlo si tramuta in commozione. Non posso fare altro che continuare a correre, già, non posso fare altro. Una strana piega del destino mi porta a collaborare con Miriana del Club di Lariano, lei le salite le cammina, abbiamo la stessa velocità. Il mio arrivo è l’arrivo di un uomo non fico in debito di ossigeno, con una manata di corridori dietro e la macchina di fine gara. Ritiro il panettone e la bottiglia di vino e nel percorso codificato verso l’automobile ritrovo i miei amici. Un ragazzo sottile, in tuta, mi saluta, il suo saluto lo riconosco. Come ti chiami, chiedo. -Miggiano Antonio della Colleferro Atletica e ho vinto. Un’emozione intima e profonda conferma qualcosa in cui ho bisogno di credere: l’ammirazione per il campione. Intorno continua la deliberata collisione di chiacchiere di un pubblico indifferente. Senza bere un sorso d’acqua salgo in macchina. Antonio Miggiano l’ha combinata grossa, la sua vittoria e quell’urlo di incitamento hanno illuminato la parte di me più intima, quella dove c’era poca luce. Grazie Antonio. Per quel raggio di generosità.