Venerdì 25 marzo-quota orario: le 18. Impiego 37 secondi per raggiungere il ritiro pettorali Roma-Ostia. Ho poco da ritirare, ci vado solo per curiosità e per quel sogno fisso di sentirmi ancora nel mucchio. Indegnamente passo la soglia del raduno con la faccia appuntita dal freddo, grasso, mezzo zoppo, arruffato. Subito a destra una ragazza, seduta, offre gambe accavallate(due), speciali. Una meno delicata in piedi offre la supplica di non chiedere informazioni con occhioni liquidi da ragazza fissa e timorata. Una semicarina in alto offre tè caldo multicolor in tazze usa e getta con bustina incorporata, lo fa con una gestuale ripetitività coreografica e con apparente meraviglia sembra dire: sul serio l’ho fatto proprio io questo tè così buono? Intorno rumori di qualcosa riparato, costruito o in assemblaggio, qualcosa che batte senza un ritmo individuabile. Pannelli color intercapedine separano gli stands dove tutto è in offerta speciale: scarpe tecniche, completi tecnici, bevute tecniche, consigli tecnici. Il mio amico Adriano lo riconosco per quell’abitudine stramba di indossare capi sempre troppo stretti con colori naturali che gli donano un’aria rattrappita, malinconica, sabbiosa. Con lui colluttazioni allenatorie per almeno 4 anni a Caracalla. Con lui il ricordo dei miei 42 giri all’ora e i suoi 45 all’ora nell’evento irripetibile di De Castella l’allora campione mondiale della specialità. Bei tempi in tutti i sensi. Parliamo di un niente di sagomato, solo contenti di rivederci e di dirci arrivederci. Lui è un tipo che ha sempre fretta e comunque sempre tempo per tutti, un cuore generoso e un’ ironia più forte della mia. Ruspo come un pollo solitario sui tavolini in cerca di qualcosa gratis. Pesco depliant patinati e foglietti elettorali della varie maratone prossime con un’unica faccia: gente che corre sulla strada amica. Una miss stracchino mischiata alla mischia nella quale individuo una debole asimmetria nel seno liberato devolve il mio sguardo in beneficenza, ignorandolo. Ha rossetto color bruciatura di sigaretta e un sorriso a cicatrice. In uno stand minimale trovo una scarpa 46 a 29 euro, un prezzone da 70%. Il tipo allo stand, con sobria felicità mi fa.....sono da cross. Impossibilitato a capire cosa vede in me oltre il filo spinato, dico…. non so crossare, la mia specialità è il tiro in porta. La battuta è il mio sigillo, lui ci ride per farmi contento. Ha un naso portatile con scanalature evidenti ai lati a manico di cacciavite, lo abbandono lentamente scialacquando un saluto. Una manciata di facce, di corpi, mi accompagna verso l’uscita in un tratto di buio mortale. Affascinato improvvisamente dalla mia autobiografia torno indietro, non posso andar via, non posso maltrattarmi così. ISCRIZIONI 5 KM indica un cartello non fluttuante, fisso con scotch monco, ambrato. Vengo momentaneamente adottato da una donna seria, con un inconcepibile sguardo professionale poco adatto a chi iscrive gente ad una non competitiva. La donna seria sposta una pagina non spillata, con l’attenzione riflessa di un documento importante, mi iscrive ai 5km, non può fare altro. Si concentra sul mio nome , cognome, e sulla richiesta del numero del cellulare. Rispondo che me lo sono dimenticato, mostrando il profilo migliore. Si toglie gli occhiali, si gratta la graffa viola sul naso per capire quanto scemo sono. Mi consegna una maglietta gialla, di marca conosciuta , e un numero scuro, tutto imbustato. Accanto a lei un uomo con l’aria di ‘ non sono mai stato seduto vicino ad una donna per questo sto in piedi’, smette di rosicchiarsi le pellicine morte del pollice sinistro e sorride, il suo nodo alla cravatta, grosso come un pallone da rugby, rimbalza, poi socchiude gli occhi per un tentativo amatoriale di tornare a prendere sonno. L’aria dei runners, in vistoso preallarme per la Roma Ostia, mi restituisce l’aspetto dignitoso del voglio esserci anch’io. Sparisce istantaneamente un po’ di trippa e qualche ruga sparsa, mi tornano le energie . Un addetto con cartellino al collo fa l’altalena su un computer, il suo mouse ondeggia a destra e a sinistra, poi si capisce che è un essere umano che sta lì solo per indicare l’uscita. Passo le Fontane, passo Palombini, passo un settetto di ippocastani, un pino occasionale, una prostituta nigeriana, la Metro e torno a casa. Domenica 27 marzo-quota orario le: 7,30 Sentitemi il fiato, non bevo un goccio da una settimana. Sono abbastanza sobrio per vedere che quello che sto vivendo è un brutto momento. Ieri sera menù anti Roma-Ostia, pasta e acqua minerale. Quella scriminatura bianca in mezzo, quella che separa la strada, infatti mi guarda strano. Finestroni senza sole che affacciano su altri finestroni senza sole , messi insieme si chiamano Palalottomatica. Sono stato lì dentro tempo fa ad un concerto di Bruce, un’acustica da schifo. Parcheggio con esattezza militare proprio lontano, in Viale Europa, la Colombo è già chiusa. Un container di vigili urbani infagottati osserva il mio anticipo, indifferente. Ho fatto il turno di notte a trecento metri di distanza, ecco la ragione della mia precocità. Per farmi compagnia con la voce chiedo: per prendere il raccordo? Mi illustrano il largo giro che mi riporterà sulla pontina in un numero di fotogrammi lenti e percepibili anche dall’occhio umano. Il cielo oggi ha un tono insopportabilmente incolore, nemmeno una troupe di poeti ispirati riuscirebbe a descriverlo. Sotto l’insegna del bar, il luogo dell’appuntamento, c’è uno sbaffo di liquido rosso, sangue di bar o tavernello . Quindici sampietrini più in là un clochard barbuto ha disegnato con il gesso e con mano infantile un gigantesco pappagallo verde. Ci dorme, ci beve, ci mangia sopra , ci scrive qualcosa, numeri, parole, graffi, graffiti. Non è di colore, altrimenti avrei sperato nella reincarnazione del mio amico Basquiat. Franco sorride mentre gli divento vicino, ha la faccia allegra da fine settimana. Come stai Tò?..con la mano sinistra sposta dietro l’orecchio un immaginario ciuffo ribelle. Bene grazie e tu come stai? ..fa freddino è? Come un attore che non compare in nessun film prendo tempo per artigliare l’intorno e cercare di capire perché sono lì. Vedo la moglie di Franco accanto alla sua auto, è’ molto elegante. Si avvicina bruscamente, saluta me e zittisce Franco con un bacio pubblico, qualsiasi cosa lui stesse per dire. Sento sussurrare ... vai.. piano, non dar retta a Tom (solo questo capisco). Poi rivolta a me, per una stramba e improvvisa parità affettiva, si schiarisce due volte la gola e chiede...dove vi siete conosciuti voi che correte sempre insieme? In galera, l’ho conosciuto in galera quel brutto ceffo di tuo marito era nella mia stessa cella. Ride. Pure Franco ride.. .Tò, abbiamo l’ ultima onda. Brutto sgorbio di un giuda, sai bene che corro i 5 km e non la ventuno. Rido, ma è una porta pesante da aprire e da chiudere quella dei 5 km per me. Per un pezzo staremo insieme, dai…quasi 3 km. Crisi tattica il colore rosso della mia vergogna. Una copia fresca di stampa la sua. Dai Tò, meglio di niente…se il dottore ti ha detto di non fare sforzi prolungati ci sarà una ragione, no? .. e se proprio lo vuoi sapere, urla sopra il rumore del non traffico, secondo me non dovresti stare qui, no, non dovresti proprio stare qui. Oh porca miseria Tò. Lo so, ma Ostia non è solo un posto di mare è un posto--lassù--e rinunciare è una mattonata al cuore, credimi. Lassù? …’la salita del campeggio, la salita’. La conosco bene Tò. La conosco. Arriva Annibale, giallo come un bastoncino di liquerizia spellato con gli occhi spenti da anziano e un’espressione catatonica. Mi esce un ironico..’chi non muore si rivede’ che non riesce comunque a normalizzare la mia malinconica fetta di pensiero. Una splendida ragazza intutata, per farci dispiacere, dimezza il suo sexappeal con uno sputo oltre il marciapiede. Mi metterei gli occhi in tasca pur di non guardarla, i suoi sono alchermes, quasi viola. Un naso piccolo, sottile, e narici preziose con buchini fatti con un sottile ago ipodermico. Somiglia all’idea personalissima che mi sono fatto fin da bambino della Madonna e lei ha un parabolico profumo di raso bianco e celeste e soprattutto priorità nelle apparizioni. La moglie di Annibale, con più classe, ma con una certa inquietitudine si accanisce nello spegnere la sigaretta in un vaso di azalee condominiale, poi si esercita ad osservare se stessa in varie pose nella vetrina fumè di un orefice. Quello che le manca in statura è compensato da una pettinatura a banana da penultimo banco. Il suo gradevole sorriso mediterraneo ci fa starnutire un silenzio strano, putativo. Mentre gli altri aprono un dibattito sul percorso e su come lavorarsi gli avversari, visto che non è facile esaminare i loro visi da vicino..…entro nel bar accanto. Dica? Vorrei due bustine di zucchero. Se vuole pure dell’acqua potabile….oggi abbiamo fatto bingo, possiamo chiudere e andare a spaparanzarci alle Maldive. Mi scusi…(esco di corsa rosso come il coltello di un assassino) Tommi caro, dov’eri? Ero…qui. Prendiamo un caffè o ci scaldiamo prima? Niente. (senza dare uno straccio di spiegazione mi limito a tenere la testa giù) Come niente? Franco mi mette una mano sul collo inceppato, che c’è Tò? Niente. To?..non farmi preoccupare, che hai? Niente. Manipolo la portiera, salgo sulla mia vecchia punto, quella che non sono riuscito a regalare, ogni tanto veniva qualcuno a vederla, dava un calcetto alle gomme, apriva il portabagagli, scrutava i km nel cruscotto e scuotendo la testa diceva: perché la regala? e io… perché voglio regalarla, chiaro? Impaurito dall’eccezionalità dell’avvenimento o dalla mia voce, fuggiva. Cala il gelo. Saluto tutti con gli occhi di chi implora di non essere giudicato ridicolo. Mi giro con la richiesta espressiva di un altro minuto di tempo di attenzione. Il gruppo di amici mi guarda disperato. La mia Roma Ostia finisce prima di cominciare, con quello sguardo. L’auto ha un rumore arrugginito, io che di solito ho difficoltà ad esprimermi con frasi con meno di trenta parole trovo una sintesi dolorosa e minimale: fai correre il tuo bel pappagallo verde, amico. Il barbone spanna il suo sguardo oscurato. Gli tiro dal finestrino la mia maglietta gialla con numero spillato. Mi si attacca una lacrima lattiginosa. All’occhio sinistro.