Mi siedo in cucina, su una sedia stretta di formica, la stessa di quando avevo vent’anni, riconosco un’ammaccatura. Mia madre mette su la caffettiera da due tazze, č tutto minimale in quella casa pure il caffč. Mi esplora come se non fossi figlio suo, come se fossi una novitā. Arriva papā, mi abbraccia, si siede accanto a me, non si era accorto di me, ci sente poco. Lui sta sempre sul balcone, tra geranei e lillā, mi somiglia e gli piace la gente, vedere la gente. Mi racconta di quanti aerei inglesi ha mandato gių. Lo racconta come se fosse accaduto la settimana scorsa, con dovizia di particolari, mettendoci entusiasmo triplicato…cose che so, ma che riascolto volentieri. Papā, ti ho portato le ciambelline al vino, sono piccine cosė non ti faranno male. Eccole papā. e come si mangiano queste? le bagni nel vino e le mangi, come le vuoi mangiā? e che ne so io.. Gli sorrido, lui mi stringe la mano, io gli stringo la mano, č ancora forte la sua stretta.. Corri sempre vero? si papā, ma meno, mi stanco facilmente. E lascia perdere sta corsa!! No papā, se mi fermo ingrasso come te. Io non sono grasso. Lo so, scherzavo. Che turno fai? ho fatto la notte E non vai a dormire?? non mi va di dormire Hai visto il Festival papā? no, finisce troppo tardi. E tu guarda solo l’inizio, c’č Iva Zanicchi, quella che piace a te. Chi?? nulla, papā (mia madre ride). E’ stata sempre zitta mamma, quando parlo con papā se ne sta in disparte, per rispetto. Ci guarda con un mezzo sorriso compiaciuto e ascolta tutti i nostri discorsi banali come se fossero santa messa, con devozione. E’ contenta se parlo con lui. E’ contenta se parla con me, papā.