Roma Ostia
I tre della ronda guardano di sguincio il gruppo alla partenza, poco conta per loro che siamo in
10000.., vedono parecchie facce brutte: magrebini, russi, polacchi,pariolini, borgatari,
romeni,romani,milanesi,siciliani,calabresi,napoletani, me (che non ci sono) e il mio amico zingaro.
Prima che qualcuno ci prenda a schiaffi, partiamo (partono), ingabbiati come babbuini.
Un falsopiano grottesco, fatto di spinte, di mescolamenti, di arrembaggi, di gente che cerca
posizione, di gente che cerca gente. Poi finalmente una discesa per riprendere fiato e prepararsi alla
lunga salita del campeggio, banco di prova per i migliori, per i peggiori, per tutti.
Pioggia e vento disturbano il disturbabile a metà gara.
Tutto sembra tremare un po’ come le cose che tremano riflesse nell’acqua.
Il posto di ristoro diventa per paradosso meta della metà.
Si beve acqua che non disseta e bevande energetiche che non danno energia,
si raccolgono le forze per la lunga progressione finale.
Il percorso è sempre lo stesso, le facce pure, e ci si rende conto che siamo noi i soli ad essere
cambiati. Impostori, quello che gli altri vedono non siamo noi, siamo diversi da prima, dalla
partenza.
La fatica si fa doppia nel giro di boa della rotonda. Il mare è a pochi metri, l’arrivo pure e hanno
tutti la faccia spaventata, come dopo un intervento di lifting malriuscito.
La Roma Ostia è una bestemmia, ora. Ostia!!
Ostia!! Siamo arrivati. Immagini esplicite di sofferenza fanno passare la voglia di toccarlo di
accarezzarlo quel mare. L’arrivo somiglia a un gratta e vinci, ti ci vuole qualche secondo per capire
se hai vinto qualcosa. Il dopo è un film porno. Ci si abbraccia, ci si strofina, ci si bacia, si provano
posizioni inconsuete per togliersi gli abiti bagnati, appiccicati sulla pelle. Qualcuno urla furibondo
declamazioni oscene facendo accasare la sua felicità con qualcosa di infelice.
Il traguardo è il day after, lo spartiacque delle nostre ambizioni.
Se tutto è andato male, ci rifaremo
Se tutto è andato bene non ci sarà neppure modo di rifarci.
Il male che supera il bene.
Chi è andato male è più fortunato di chi ha fatto il record personale.
Amici miei, punti di vista.
Si trova l’ultima briciola di coraggio per salire in macchina e fare il percorso inverso, verso casa.
La siepe della carreggiata ha intrappolato nei rami del pitosforo bicchieri di plastica, maltodestrine
spremute,carbogel, sudore e lacrime di chi come noi affida troppo di se ad una cavalcata di 21
chilometri.
Il cuore si apre a ragno.
La mente si chiude a tela.
Il cielo si abbuia e lo shock posturale passa.
Quei 21 chilometri bastano e avanzano per stare male, ci si mette pure il tempo a dare di matto.
Depressione post gara o aperta vulnerabilità?
Onestamente non lo so, so solo che i miei amici mi tratteranno come una merda
per non esserci stato.
La gara la vince il keniano Keitany per gli uomini
La gara la vince Anna Incerti per le donne.
Punto.