Così scrivevo…Corsa dei Santi 2010 Gli spettatori, turisti esclusi, si contano sulle dita della mano di un monco, la giornata strana, nuvolosa, li ha tenuti alla larga. Basta Franco, per fortuna, a fare da spettatore e da protagonista. Franco è l’unico uomo al mondo che interpreta se stesso senza essere pagato: allunghi brevi, stretching, un sorso d’acqua, uno sguardo eroico al cielo. La gente è entusiasta delle sue mosse da campione. Se andrà male in gara sarò costretto a farlo scomparire dal racconto per non deludere i rimasugli degli ammiratori. Fargli fare da cerniera tra l’agonismo della gara e il pubblico non so proprio se serve quando va piano. Questa mattina litighiamo poco, quasi niente. I nostri litigi durano quanto una pausa pranzo, poi ci abbracciamo. Lui ogni volta ripete: sei uno stronzo Tommà e si asciuga gli occhiali con la maglietta. Un embolo di sorriso mi scende dall’occhio sinistro fino alla mascella. Voglio bene a Franco. Da un primo piano agguanto un odore di soffritto formato tessera. Soffritto a San Pietro? La gara parte, nemmeno ho detto che gara è. Così scrivevo… Corsa dei Santi 2013 Se ti vergogni della tua solitudine, se non sai come coprirla come nasconderla, diventa scaltro, trasforma la tribolazione in dono e lucertola fino ad una fonte di confusione, o fino a un amico. Metti il dito qui mentre io faccio il nodo è il mio modo opportunista di chiedere aiuto e di averlo vicino un amico e poco importa se siamo nella piazza più conosciuta al mondo, circondati da un crepitio di giudici, turisti, corridori. Quel nodo resta importante. Così scrivevo… Corsa dei Santi 2014 Solo Michelangelo e Caravaggio sanno fare le mani, io non le so fare. So dipingere gli occhi, so dipingere la tristezza. Si vede bene nel mio ultimo quadro non esattamente d’autore. Ho impiegato tutta la notte per farlo, a rotazione da sinistra verso destra nove donne. Tutte indecentemente tristi. Corsa dei Santi , oggi, 2015. Migliaia di anime alla partenza. -Sai il tuo nome? -Certo che lo so, ma non te lo dico. La donna ride e sorride. Guardo la salita di via Merulana come una rata da pagare, l’ultima. Calcolo i passi, valuto l’intensità della luce, penso che nulla è cambiato. Pochi o tanti. Ho fame, dice. Mangerei spaghetti in lattina, dice. -Mentre corri? -Mentre corro. Tu chi sei? -Un uomo unico che dorme con lenzuolo unico. Un atleta indisciplinato alla finestra di questo capoluogo del nulla, di questa scartina. (La recinsione perimetrale grossolana degli altri atleti in corsa non la blocca.) Allunga il passo urlando: Roma non è una scartina! Quello che interessa a me è il percorso. C’è la ragionevole possibilità che su via della Conciliazione finisca. Ho la piacevole pressione sul petto della medaglia. Riesco a torcere il collo mentre il viso gronda sudore. Le gambe riempite di straziante lentezza raggiungono il parcheggio.