Tanta storia è passata per quell'Acquedotto

 

 

L' Acquedotto Alessandrino è l'ultimo costruito in epoca Romana. Risale al 226 d.C. quando l'imperatore Alessandro Severo lo fece costruire per condurre in città le acque delle sorgenti vicino a Colonna sulla via Prenestina. 

Il percorso dell'acquedotto è ben rintracciabile fin nei pressi di Porta Maggiore: di li al Campo Marzio, dove Alessandro Severo aveva fatto ricostruire le terme di Nerone che voleva alimentare con quelle acque, il percorso è praticamente perduto.

Possiamo solo tentare di immaginare lo spettacolo che doveva offrire Roma in questo periodo tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C.; una portata d'acqua di quindicimila litri al secondo (una quantità mai più uguagliata) che affluivano nelle città delle

acque e che andavano ad alimentare non solo le case dei privati, ma ninfei, terme grandi e piccole, naumachie, fontane di cui l'ultima testimonianza era quella "Meda Sudans" posta nei pressi del Colosseo.

Il problema di ogni civiltà antica e moderna è stato quello dell'approvvigionamento idrico delle città e dei territori. Ogni civiltà ha dato risposta a queste esigenze secondo le proprie conoscenze tecniche, secondo la natura dei territori e secondo le risorse idriche sulle quali poteva contare.

Le grandi civiltà fiorite attorno al bacino del mediterraneo dovettero occuparsi della ricerca delle acque e del loro trasporto nei centri urbani; gli egiziani scavavano dei canali derivati a monte per l'irrigazione dei campi che la piena del Nilo non raggiungeva; in Mesopotania già con i Sumeri si costruivano condotti in mattoni e a volta per il drenaggio e lo scolo delle acque.

Questa tecnica delgli acquedotti sotterranei, che seguivano la conformazione del suolo ed erano muniti di pozzetti verticali per l'aerazione, si trasmise sin dall'età molto antica, durante il II millennio a.C., dall'Oriente al bacino del Mediterraneo e si conservò poi in Grecia fin al dominio Romano.

Quasi mai, infatti, gli acquedotti in Grecia affioravano sopra il suolo e per l'aerazione dell'acqua e il ricambio del gas che essa conteneva si praticavano lungo gli spechi e conduttore delle aperture a forma di pozzi; poi, prima della distribuzione al pubblico si faceva purificare l'acqua in alcuni serbatoi.

Il primo acquedotto sopralevato su archi, porta la data del 441 a.C. e fu realizzato dal censore Appio Claudio Cieco dal cui nome l'acqua fu detta Appia.

Seguirono l'Aniene Vecchio, l'acquedotto Marcio, la Tepula, la Iulia, la Vergine, l'Alsietina, la Claudia e l'Aniene Nuovo. A questi nove acquedotti di cui parla Sestio Giulio Frontino nel trattato "De Acquis Urbis Romae""; vanno aggiunte le altre due acque:la  Traiana e l'Alessandrina ad opera di Alessandro Severo.